Fortogna (Longarone): il monumento alle 1917 vittime della tragedia del Vajont
21  fotografie di  Alfredo Izeta
 

Longarone, 9 ottobre 1963: dal monte Toc (che sovrastava l'invaso della diga) si stacca un intero versante (ca. 279 milioni di metri cubi) che precipita e riempie completamente l'invaso della diga sottostante, in funzione da pochissimo tempo ma gia' colpita da altri eventi minori.
I detriti riempiono il bacino e generano tre ondate, una verso i   paesi sopra la diga (Erto e Casso), una verso il sovrastante lago di Messelezza e una (50 milioni di metri cubi) scavalca la sommita' e riversa detriti e acqua sull'abitato sottostante di Longarone che viene distrutto dalla frana.
Ecco l'agghiacciante risultato finale: 1917 morti accertati (di cui 347 a Erto e Casso), ma presumibilmente oltre i 2000 (di cui almeno 21 bambini mai nati).
Questi sono i fatti di quel drammatico giorno! Oggi come allora la diga, sorniona, e' ancora intatta al suo posto e sembra ammonire l'uomo che nulla puo' contro le forze della natura.
L'Italia e' sconvolta! Tutto il mondo partecipa al nostro dolore con messaggi di cordoglio al Presidente della Repubblica Antonio Segni e aiuti:
Tutti gli americani si uniscono a me nell'esprimere la loro piena solidarieta' con quanti hanno subito perdite a causa del tragico disastro occorso presso Belluno e la valle del Vajont. Le sarei graditissimo se ella volesse rendersi cortese interprete presso i parenti delle vittime, del mio profondo cordoglio personale. (John F. Kennedy)
Sono rimasta profondamente costernata alla notizia della disastrosa alluvione accorsa nella valle del Piave che ha causato tanti danni e perdite di vite umane. Mio marito ed io preghiamo vostra eccellenza di accettare la sincera espressione della nostra solidarieta' e del nostro cordoglio per i superstiti, i feriti e i senza tetto, e di volersene rendere cortese interprete presso di loro. (Elisabetta II)
Profondamente contristato dalla notizia della catastrofe, vi invio Sig. Presidente l'espressione della mia sincera condoglianza e prego vostra eccellenza di voler assicurare il popolo Italiano della profonda ed amichevole comprensione di tutti i Francesi. "Charles de Gaulle)

Come luogo di sepoltura viene scelto un grande spazio verde davanti al cimitero della vicina Fortogna (a pochi chilometri dal centro di Longarone), dove furono innalzate oltre 1464 lapidi, di cui solamente 700 avevano un nome.
Oggi, dopo la rimozione delle lapidi, si accede tramite un ingresso che ricorda una diga e ospita un piccolo museo.
Lo spazio cimiteriale (inaugurato nel 2004) si presenta oggi come un giardino che ospita 1910 cippi marmorei bianchi con il nome di altrettante vittime e la loro eta', a prescindere se vennero ritrovate e da dove vennero ritrovate: tutte uguali nella morte.
E' straziante percorrerne le file: si susseguono bambini in tenerissima eta' e anziani. Nella chiesetta del camposanto si puo' vedere un manufatto cilindrico nel quale sono ricordati i nuclei familiari distrutti quel giorno.
Vi lascio ora al racconto di Arnaldo De Porti, presente allora su questa terra straziata, e alla visione di una ventina di fotografie che spero invoglino tutti a visitare un luogo pervaso da una spiritualita' coinvolgente: chi lo fara' uscira' dal cimitero migliorato nell'anima.
Alfredo Izeta - settembre 2021

 
Proprio questa mattina (18.9.2021), Mons. Lino Mottes, importantissimo prelato della Diocesi di Belluno-Feltre, mi ha ricordato attraverso alcune pagine scritte in un recente libro il recente incontro presso il cimitero di Fortogna, ove sono commemorate circa 2000 vittime del disastro del Vajont. A questo riguardo, ho avuto un transfert verso questo disastro che mi ha visto come "soccorritore" (si fa per dire) appena qualche giorno dopo, realta' da me descritta piu' volte anche su questo giornale.
Ricordo che, con la Fiat 600 di cui a foto, con tanto di autorizzazione del Comando dei Carabinieri di Trento e Bolzano, girovagavo attorno alle macerie e ai ai cadaveri con una forza d'animo che oggi certamente non avrei. La forza dell'acqua aveva letteralmente "stirato" come un fazzoletto l'erba esistente al ciglio della strada e un silenzio assordante mi richiamava una sorta di "memento homo" sulla caducita' della vita, spesso anche per colpa dell'uomo, come nel caso di specie. Ho conosciuto i costruttori della diga del Vajont anche perche', lavorando a Venezia in banca, avevo contatti diretti ed indiretti con la SADE di cui essi erano principali esponenti, ma sono convinto, pur riconoscendone tutta la colpevolezza, che loro hanno fatto anche da capro espiatorio per tanti altri che non sono stati puniti.
Dicendo queste cose, sono stato bersagliato piu' volte, soprattutto da certa gente, anche agli apici amministrativi, la quale gente, non essendo allora ancora nata mentre io sono del 1935, ne ha parlato con tanta sicumera come fanno le massaie al mercato della frutta. E cio', non dimenticando che, i soldi destinati alle vittime del Vajont, sono stati distribuiti un po' dovunque in tutta la provincia, a danno delle vittime, come ho scritto piu' volte su lettere ai giornali locali.
Arnaldo De Porti





 

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