Viaggio in Oman
testo e fotografie di
Filippo Furia
E' stato un attimo, e' bastato il muso di un cammello e un colonnato
di fortezza illuminato nel buio di una calda serata araba per veder
sfumare 2 lunghi anni di guai con pandemia e guerra e ritrovare la
voglia mai sopita di riempire lo zaino per riprendere con spirito
antico il lungo viaggio di conoscenza del mondo. Prudenza, solo la
"maledetta" prudenza mi fa esitare e mi costringe a rifugiarmi nelle
foto per cercare di rivivere ancora le emozioni che questo paese
arabo, al limite quasi atipico, riesce a trasmettere. Sotto la
pancia dell'aereo scorrono le luci di Abu Dhabi e di Dubai, poi
ampio curvone ed eccoci a Muscat (o Mascata o ancora Muscate), la
deliziosa capitale del sultanato, e' tarda sera, ma la citta' e'
piena di luci (ma chi paga la bolletta?), le strade larghe, il
traffico scorrevole, insomma un impatto piu' che favorevole.
Disciplinati come solo gli italiani sanno essere in viaggio, dopo la
colazione, si parte per andare a conoscere piu' da vicino questa
grande citta', partendo dalla moschea di Qaboos con i suoi lampadari
Swaroski, la geometria delle sue linee architettoniche e la
policromia delle sue aiuole e troviamo anche il tempo per fare
quattro chiacchiere con delle volontarie che (forse invano)
cercavano di convincerci al ruolo assolutamente primario delle donne
nel mondo islamico. Momento di confronto interessante che comunque
ha arricchito il nostro bagaglio di conoscenza su un mondo cosi'
diverso, poi via tra la gente, a spasso nei vicoletti del suq, a
fare gli italiani, c'e' sempre tanta gente da accontentare al
ritorno, trattative infinite e acquisti dei classici souvenir made
in China. Verso il tramonto i colori diventano molto caldi,
soprattutto il rosa e il celeste, mentre noi giriamo nella citta'
dei ministeri e tra le aiuole curatissime e coloratissime, ecco il
palazzo del sultano. Lasciata la capitale, il viaggio l'indomani
scorre tra luoghi caratteristici, in prevalenza villaggi immersi nel
verde di lussureggianti piantagioni e fortezze e moschee, in gran
parte ristrutturati, tra wadi e cantieri navali dove si fabbricano
con sistemi antichi i down, la tradizionale imbarcazione omanita. In
serata, una chicca: la posa delle uova da parte delle tartarughe di
mare che hanno eletto su questa parte di costa, a sud della
capitale, la loro nursery. Lasciato il mare ci inoltriamo verso
occidente, il paesaggio intorno a noi cambia, saliamo su alture
nelle cui gole scorrevano nei tempi acque tumultuose, anche gli
animali cambiano, o meglio accanto ai tradizionali cammelli troviamo
anche degli orici (e pensare che ritenevo gli orici presenti in
Namibia e non immaginavo di trovarli anche quassu'). Ma questa
curiosita' dura poco, intorno cominciano i "panettoni" rossi, ecco
le prime dune del Rub al-Kahli, il mitico quarto elemento? Forse, il
grande vuoto? Puo' essere, di certo un luogo maestoso di una
bellezza eccezionale con il sole che nel suo cammino verso il
tramonto favorisce gradazioni diverse che vanno dal quasi giallo
polenta a marroncino quasi da cioccolato al latte. Ognuno puo' e
deve sentire l'emozione e il senso di liberta' che qui si prova, il
senso vero di pulizia che qui si gode insomma come ebbe a dire una
mia carissima amica al suo primo impatto con il Sahara oui, paix
de l'ame et plaisir des yeux. Anche per questo l'impresa vale la
spesa!!!
Filippo Furia
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